Il film “Trifole – Le radici dimenticate” DAL 17 OTTOBRE AL CINEMA, diretto da Gabriele Fabbro, è molto più di un semplice racconto cinematografico: è un inno alla riscoperta delle tradizioni, delle radici familiari e dell’amore per la terra, temi di profonda rilevanza oggi più che mai. Ambientato nelle incantevoli colline delle Langhe, territorio conosciuto per il prezioso Tartufo Bianco d’Alba, il film cattura lo spettatore grazie a una narrazione che intreccia emozioni personali e messaggi universali.
Un inno alla riscoperta delle tradizioni e dell’amore familiare
“Trifole” celebra la riscoperta delle radici, ricordandoci l’importanza di tramandare l’eredità culturale e familiare di generazione in generazione. La trama, che vede Dalia tornare nelle Langhe per aiutare il nonno Igor, diventa un’opportunità per esplorare come le tradizioni locali possano essere uno strumento per riconnettersi con la propria identità. La natura, in questo contesto, non è solo un’ambientazione, ma un vero e proprio personaggio che riflette la cura e il rispetto che gli esseri umani dovrebbero avere verso di essa. Questo film ci invita a preservare la memoria storica di luoghi e relazioni, che sono custodi di valori sempre più dimenticati.
Cambiamento del paesaggio e impatti ambientali
La trasformazione radicale del paesaggio negli ultimi decenni. La battuta del nonno Igor, che riflette amaramente sui cambiamenti ambientali (“Tante vigne, tante macchine. Qui era tutta una foresta…”), mette in evidenza come l’urbanizzazione e l’espansione delle attività agricole intensive abbiano ridotto gli spazi selvatici un tempo ricchi di tartufi. La scomparsa delle trifole non è solo una perdita economica del territorio, ma un segno di come l’equilibrio tra uomo e natura si sia spezzato, aggravato da eventi climatici come la mancanza di pioggia. Questo contesto porta con sé tensioni umane, come la gelosia e la violenza tra i cercatori di tartufi, disposti a tutto pur di mantenere il controllo sulle ultime aree fertili.
Mito e realtà: Giove e la nascita dei tartufi
In un momento particolarmente suggestivo, il film evoca la mitologia dei fulmini di Giove che, secondo antiche leggende, danno vita ai tartufi quando colpiscono la terra. Questo elemento, oltre a dare un tocco di magia e mistero alla narrazione, sottolinea il legame profondo tra la mitologia antica e il mondo naturale. La ricerca del tartufo diventa così non solo una questione economica, ma un viaggio verso il mistero e l’invisibile. In un mondo in cui la scienza domina il pensiero, la dimensione spirituale e mitologica della natura rimane viva nelle credenze popolari, e il tartufo è simbolo di questa connessione ancestrale con la terra.
Un legame familiare ispirato a esperienze personali
Il rapporto tra i protagonisti Dalia e Igor è toccante e riflette il profondo legame familiare, ispirato dalla storia personale del regista Fabbro con il proprio nonno, affetto da Parkinson. La distanza fisica ed emotiva tra nonno e nipote riflette i temi dell’incomunicabilità e del rimpianto, ma anche il desiderio di riconciliazione. In un certo senso, il film è una lettera d’amore al nonno del regista, un modo per superare il dolore della perdita e onorare la sua memoria. Questo tema universale del lutto e del rimpianto si mescola perfettamente con la narrazione della ricerca del tartufo, un’attività che richiede pazienza, rispetto e connessione con la natura, proprio come i legami familiari più profondi.
Il potere economico del tartufo e la corruzione umana
Uno dei temi chiave del film è anche l’opportunità economica offerta dalla vendita del prezioso tartufo bianco pregiato, simbolo di ricchezza e prestigio nel mondo culinario. Igor spera che la scoperta di un grande tartufo possa salvare la sua casa e il suo legame con la terra, ma questa speranza è minacciata dalla cattiveria umana. La competizione tra i cercatori di tartufi diventa feroce, con invidie e violenze che emergono. Questo riflette come l’avidità e la corruzione morale possano prevalere su valori come il rispetto e la comunità, rendendo evidente la fragilità dell’equilibrio tra uomo e natura, ma anche tra gli stessi uomini.
Gabriele Fabbro – Biografia
Gabriele Fabbro, nato a Milano nel 1996, è un regista e sceneggiatore con una formazione internazionale. Laureato in Filmmaking presso la New York Film Academy di Los Angeles, ha diretto e prodotto oltre 30 opere, tra lungometraggi, cortometraggi e video musicali. Uno dei suoi lavori più noti è il video musicale If You Run (2020) per Josh Homme (Queens of the Stone Age). Il suo cortometraggio 8 (2019) è stato presentato alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia, mentre il suo primo lungometraggio The Grand Bolero è stato proiettato in anteprima all’Austin Film Festival nel 2021 e distribuito su Amazon Prime Video. Nel 2022, Fabbro è stato riconosciuto come “Screenwriter to Watch” da MovieMaker Magazine.
Note di Regia
Con Trifole – Le radici dimenticate, Gabriele Fabbro ha voluto dare voce alle tradizioni italiane in via di scomparsa, ispirandosi al suo forte legame con la natura e la famiglia. Il film esplora temi profondi come il rispetto delle radici, la preservazione della cultura locale e l’importanza di mantenere un legame con la terra. Fabbro ha trascorso due anni nelle Langhe, confrontandosi con tartufai, agricoltori e abitanti locali per creare una narrazione autentica, supportata dalla co-sceneggiatrice Ydalie Turk.
Dal punto di vista stilistico, ha adottato un approccio visivo delicato, caratterizzato da movimenti di camera minimi, inquadrature armoniose e una fotografia che valorizza i paesaggi e i dettagli. L’ispirazione per i personaggi principali, Dalia e Igor, proviene dal rapporto personale di Fabbro con il suo nonno malato di Parkinson, un legame che ha voluto esplorare sullo schermo. La scelta del cast, con attori come Umberto Orsini, Ydalie Turk e Margherita Buy, ha contribuito a conferire autenticità e profondità alla storia. Anche Birba, un vero cane da tartufo, ma con un evidente talento per la recitazione! Ha svolto un ruolo significativo, aggiungendo un tocco di autenticità alla narrazione.
Fabbro ha prestato particolare attenzione alla post-produzione, con un’enfasi sul suono e sulla musica, utilizzando temi classici di Respighi, Borodin e Rachmaninoff, eseguiti dall’Orchestra Sinfonica Bartolomeo Bruni. Questo approccio musicale, combinato con la registrazione dei suoni naturali delle Langhe, ha permesso di dare vita a un film che celebra la cultura e la bellezza della regione, evidenziando lo spirito autentico della sua terra d’origine.
Conclusione
“Trifole – Le radici dimenticate” è un film che invita alla riflessione sulla nostra connessione con il territorio, la famiglia e le tradizioni. Attraverso la sua narrazione coinvolgente e i paesaggi mozzafiato delle Langhe, il film ci offre una prospettiva su come la cultura locale e la natura possano essere risorse da proteggere, sia a livello emotivo che economico. Allo stesso tempo, ci avverte delle conseguenze della cupidigia umana e ci incoraggia a cercare una riconciliazione con noi stessi, con la nostra storia e con il mondo che ci circonda.
IL TRAILER ITALIANO: Link Youtube
TRIFOLE – Le radici dimenticate è realizzato con il contributo del PR FESR Piemonte 2021-2027 – bando Piemonte Film TV Fund, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte e con il supporto di alcune Istituzioni chiave delle Langhe: Torino Piemonte Film Commission, i Comuni di Alba e di Somano, l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, l’Ente Fiera di Alba, il Centro Nazionale Studi Tartufo, l’Associazione Commercianti Albesi, il Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani, l’Enoteca Regionale Piemontese Cavour e la Fondazione Radici.
0 commenti