Quando si tratta di ricette con tartufo in particolare risotti e pietanze, il consumatore si trova spesso di fronte a un dilemma: è vero tartufo o solo un aroma di sintesi? Il mercato alimentare offre una vasta gamma di prodotti che richiamano l’aroma del tartufo, ma la realtà dietro le etichette può essere deludente. In questo articolo, faremo luce sul mistero dell’etichetta e scopriremo se il tartufo che stiamo gustando è autentico o finto.
L’aroma naturale del tartufo è composto da molti componenti che conferiscono a questo fungo il suo caratteristico profumo e sapore. Purtroppo, la maggior parte dei prodotti al tartufo disponibili nei supermercati utilizza un aroma di sintesi ottenuto in laboratorio. In queste produzioni, viene selezionata solo una delle tante componenti dell’aroma naturale, nota come “aroma d’impatto”, che cerca di imitare l’autenticità del tartufo. Questa scelta semplifica notevolmente il processo di produzione, ma crea confusione per i consumatori, in quanto le etichette spesso non forniscono informazioni chiare.
Prendiamo ad esempio il Tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum), un’eccellenza nella gastronomia. L’odore di questo tartufo nei prodotti alimentari è ottenuto principalmente dall’aroma di sintesi chiamato bismetiltiometano, che dovrebbe rappresentare le 40 componenti del tartufo bianco. Questo aroma può essere estratto dal tartufo a costi elevati o prodotto in laboratorio a costi molto inferiori, ad esempio durante la lavorazione del petrolio. Leggendo attentamente le etichette di questi prodotti, si scopre che la quantità effettiva di tartufo è insignificante, spesso inferiore allo 0,5% del peso totale. Questi piccoli quantitativi consentono ai produttori di utilizzare l’immagine del tartufo sulla confezione, rendendo il prodotto più attraente agli occhi dei consumatori.
Tuttavia, esistono alcune indicazioni che possono aiutare a distinguere tra un prodotto al tartufo autentico e uno falso. Se l’etichetta riporta la dicitura “condimento a base di tartufo bianco”, è probabile che la percentuale di tartufo bianco sia del 5% tra gli ingredienti. Tuttavia, il resto della composizione può essere costituito da altri tipi di tartufo di scarso valore commerciale, funghi, olive o altri composti capaci di assorbire il bismetiltiometano, che conferisce al prodotto il sapore del tartufo. Ad esempio, una robiola Osella al tartufo può indicare la presenza del 5% di una crema contenente solo l’1,1% di tartufo, mentre un sugo alla norcina Fior Fiore di Coop può indicare la presenza dell’1,3% di una crema composta al 75% di tartufo nero, ma entrambi contengono la scritta “aroma”.
La quantità di tartufo nei prodotti confezionati varia dallo 0,5% al 2-3% ed è trattato con aromi
Il trucco dell’aroma liofilizzato: svelato il segreto dei risotti al tartufo
Anche nei prodotti confezionati, come i risotti o le paste, si cela un altro segreto: l’utilizzo dell’aroma liofilizzato. Nel caso del riso, ad esempio, viene aggiunta una minima quantità di tartufo (dallo 0,5% al 2-3%), precedentemente trattato con una generosa quantità di aroma di sintesi e successivamente liofilizzato*. In questo modo, è possibile conferire a un’intera confezione da 250 grammi il sapore del tartufo. Il costo per il produttore è di pochi centesimi di euro, poiché vengono utilizzati scarti di tartufo estivo di basso valore, mentre il consumatore è convinto di acquistare un autentico “Risotto al tartufo” e è disposto a pagare un prezzo sei-sette volte superiore rispetto a quello di un semplice riso bianco.
L’aroma utilizzato deriva da alcuni composti chimici volatili naturalmente presenti in determinati prodotti, che conferiscono ai cibi quella caratteristica sensoriale precisa. Rappresenta la combinazione di odore e sapore. Quando l’industria alimentare percepisce una debolezza negli ingredienti utilizzati, interviene aggiungendo aromi di sintesi che integrano il sapore perso durante la lavorazione industriale. Questo fenomeno si riscontra in molti prodotti disponibili sul mercato. Ad esempio, nel caso delle fragole si utilizza il furaneolo, per la cipolla il disolfuro di allilpropile e per il prezzemolo l’apiolo.
A questo punto, diventa fondamentale leggere attentamente l’etichetta. La scritta “prodotto contenente aroma” o semplicemente la parola “aroma” indicano una sostanza ottenuta in laboratorio, mentre solo quando è specificato “aroma naturale di tartufo“, si tratta di un componente estratto dal tartufo stesso. Negli ultimi anni, ho notato la tendenza di alcuni ristoratori ad acquistare prodotti di bassa qualità da utilizzare a scopo puramente decorativo, correggendo successivamente il sapore con un po’ di olio aromatizzato di sintesi. Gli intenditori suggeriscono che, quando si tratta di bismetiltiometano, si può avvertire un lieve pizzicore e un retrogusto insistente, pungente. La Federazione Italiana Tartuficoltori Associati (FITA) conferisce una targa ai ristoratori che utilizzano esclusivamente il vero tartufo in cucina.
La FITA riconosce con una targa i ristoratori che scelgono di utilizzare esclusivamente tartufo autentico in cucina.
In conclusione, il mondo dei risotti e delle pietanze al tartufo nasconde un mistero che può ingannare anche i palati più esperti. È importante essere consapevoli dell’utilizzo diffuso degli aromi di sintesi e delle tecniche ingegnose impiegate nell’industria alimentare per creare un’illusione di autenticità. Leggere attentamente le etichette, cercare la dicitura “aroma naturale di tartufo” e fare affidamento su ristoranti che utilizzano solo tartufo vero. Solo così potrai assaporare la vera prelibatezza del tartufo ed evitare delusioni culinarie. Non farti ingannare dalle imitazioni: la trasparenza dell’etichetta è la tua guida verso l’autenticità. Scegli con consapevolezza e gustati il piacere unico del tartufo nelle tue pietanze preferite.
*La liofilizzazione o crioessiccamento è un processo tecnologico che permette l’eliminazione dell’acqua da una sostanza organica con il minimo deterioramento possibile della struttura e dei componenti della sostanza stessa. Wikipedia
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